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Palazzo Madama – Gennaio 2020.
Che dire? Un evento a Palazzo Madama per disquisire di tè a braccetto del Re del Cioccolato, Guido Gobino, è un bel modo di trascorrere un pomeriggio sabaudo.
Certo, la preparazione per questo genere di incontri è davvero tanta: ripassi la storia per non deludere le aspettative di chi ospita l’evento (e si tratta di un ripasso che ti obbliga a riaprire libri per studiare davvero - ma tutto sommato è anche un piacere, perché la storia considerata da questo punto di vista prende un profilo interessantissimo), memorizzi più dettagli che puoi e rivivi il momento con i protagonisti dell’epoca, perché entri nel privato delle loro lettere personali, o ancora (come in questo caso) ti trovi a sfogliare il manuale antico collezionato proprio da Guido Gobino.
Lo spunto per questo viaggio tra la fine del 1600 e l’inizio del 1700 è stata la coppia reale Vittorio Amedeo II e Anna Maria d'Orléans.
Sicuramente non una coppia qualsiasi: giusto per capirci, gli zii di lei erano Luigi XIV, il Re Sole, e Carlo II, Re d’Inghilterra. E il padre era nientemeno che Filippo d'Orléans, la figura più ambigua, raffinata ed eccentrica d’Europa: colui che codificò nel minimo dettaglio le regole dell’etichetta per la corte di Versailles.
Quella del Seicento era un’Europa in cui le alleanze tra Francia, Spagna e Inghilterra alimentavano potere e status attraverso simboli o tributi ricchissimi.
Un contesto nel quale anche i coloniali avevano un ruolo importante.
All’epoca trionfavano già nel quotidiano di corte, anche se non si bevevano ancora per puro piacere, data la natura sperimentale delle preparazioni. Avevano però un’altra caratteristica fondamentale. E non stiamo parlando del fatto che fossero ritenuti dei medicinali: i coloniali erano fondamentalmente un simbolo di preziosità, così come lo erano gli accessori per la loro preparazione e per la degustazione. Già all’epoca il “come” era spesso più importante del “cosa”.
I ricettari dell’epoca indicavano per ogni bevanda coloniale procedure di infusione e aggiunte di ingredienti. I risultati erano quasi sempre discutibili, eppure per “status” non si poteva declinare l’invito ad assaggiarne una tazza. Nel caso specifico del tè, oltretutto, avrebbe significato rifiutare un invito privato per pochi eletti da parte di una “Madame” della famiglia reale. Inimmaginabile.
Ed è proprio una figura femminile, quella di Anna Maria d’Orléans, che ha attirato la mia attenzione. Giovanissima e dal carattere piuttosto schivo, si rifugia nella corte “provinciale” di Torino senza imporre, da giovane regina che sarà, gli usi e i costumi assorbiti tra Parigi e Versailles. Di certo rappresenta al meglio la Francia ed è espressione dell’educazione al ruolo ricevuta all’interno della corte più moderna d’Europa. Indipendentemente dal suo pensiero.
Impossibile immaginare che non abbia mai sorriso davanti ad una Liselotte von der Pfalz (Elisabetta Carlotta del Palatinato, seconda moglie di Filippo d’Orleans), che offriva agli ospiti tazze di tè allo sfinimento, ma in privato scriveva sbottando che ai suoi mal di testa non c’erano tè, caffè o cioccolata che tenessero e che l’unica soluzione era una zuppa di birra calda.
Impossibile immaginarla anche inesperta o sprovveduta in un momento privato a base di tè, soprattutto per l’utilizzo degli accessori, spesso ricevuti a Torino come preziosi omaggi diplomatici.
Considerando che gli acquisti registrati negli archivi di palazzo sono numericamente contenuti e sobri nella realizzazione, possiamo intuire l’immediato gradimento di Anna Maria riguardo al lusso rappresentato dal regalo che Vittorio Amedeo II, appena eletto Re di Sardegna nel 1725, ottiene dall’amico “fratello” Augusto II: un intero servizio di porcellana Meissen, distribuito in dodici casse, che contemplava nove servizi da tè, caffè e cioccolata con le custodie in cuoio. Un vero e proprio tesoro, di cui non si è più avuta traccia fino al recupero da parte di Fondazione Musei di una parte della cassa numero 11 in occasione dell’asta londinese Christie’s dell’agosto 2019, e in particolare: una teiera con coperchio, cinque tazzine da tè, sette piattini, una coppa per i resti del tè e una tazzina per la cioccolata.
Tutti gli elementi sono ora esposti a Palazzo Madama di Torino. Dove anch’io mi sono sentita un po’ regina. Arrivederci al prossimo invito a corte.